Molti (neo)imprenditori di piccole imprese pensano che solo realtà molto strutturate possano vendere o svilupparsi a livello internazionale.

Se è vero che i costi, il tempo e le competenze per comunicare in più lingue e più paesi sono maggiori rispetto al farlo solo nel proprio paese o addirittura solo nella propria regione, è anche vero che determinati prodotti possono essere più competitivi e portare a margini maggiori all’estero.

Inoltre dal punto di vista strategico è importante per l’imprenditore considerare una possibile apertura, anche futura ad altri mercati.

La velocità della comunicazione digitale che troviamo nell’era dei social-network apre a possibilità di comunicazione anche a distanze molte elevate. Ci sono player che hanno delle nicchie di mercato molto piccole e che potrebbero trarre benefici nel proporsi a nicchie simili anche oltre confine. Spesso inoltre in alcuni settori e per alcune di queste nicchie la comunicazione in lingua inglese è sufficiente, specialmente se si parla di vendite B2C oppure verso il rivenditore business finale.

Non si deve però pensare che per tutti i settori e in tutti i paesi presentarsi in lingua inglese sia una soluzione universale. Impese che vogliono presentarsi ad interlocutori esteri avranno più possibilità se riusciranno a comunicare nella lingua locale. Questo varia chiaramente in base al settore e alla tipologia di interlocutore.

Alcuni esempi per capire meglio. Per un progetto che stiamo sviluppando nel settore FinTech e Banking, sono stato a Berlino e mi sono trovato a parlare con persone che non parlavano tedesco, quindi la gestione delle trattative è stata fatta in inglese. In quel settore e con quel tipo di interlocutori è normale. La lingua di lavoro è l’inglese.

In altre occasioni mi sono trovato a parlare con dei rivenditori di articoli per l’illuminazione e l’arredo, sempre in Germania, ed essere felice di sapere il tedesco, in quanto altrimenti non avrei potuto comunicare. Questo nello stesso paese e nella stessa città.

Ci sarebbero altri esempi ma credo il concetto sia chiaro. Per avere maggiori opportunità di riuscita è meglio conoscere la lingua del paese dove si vuole fare business, eccetto per quei settori o quei player che sono abituati a muoversi in ambienti internazionali.

E’ importante considerare questi aspetti anche in fase di startup. Se il mio business è esportabile devo pormi il quesito dell’espansione, anche semplicemente dando il nome alla mia impresa o pensando a come comunico e in che lingue propongo il mio sito internet.

Un’impresa che parte con il piede giusto ha dei vantaggi in caso di sviluppo internazionale. Conviene non precludersi possibilità di business futuro, dato che non sappiamo che sviluppi ci saranno.

La programmazione iniziale è quindi fondamentale. Quando si scrive un business-plan o si va a modificarlo per un’attività che già si svolge, si dovrebbe fare attenzione a questi punti. I mercati sono sempre più internazionali e i business solo locali stanno diminuendo.

Anche i “piccoli” possono muovere passi fuori dai confini nazionali, da subito o nel tempo.

Questo aiuta le imprese a confrontarsi con player globali e diversificare le aree di vendita.
Siate pronti al cambiamento!

Riassumendo:

  • E’ importante in fase di avvio di una attività evitare di precludersi mercati esteri, quindi attenti al naming e alle modalità comunicative;
  • Fare business fuori dai confini nazionali non è semplice, ma si può fare, perciò tenetelo a mente da subito.