Con Singapore, Hong Kong e Nuova Zelanda sul podio, il rapporto Doing Business 2014 sembrerebbe non presentare nulla di nuovo rispetto allo scorso anno. In realtà, l’ultima misura del livello con cui le pratiche burocratiche facilitano l’impresa presenta delle novità, anche per l’Italia. Si tratta, però, di una di quelle notizie per le quali vi verrebbe rivolta la fatidica domanda: “Prima la notizia buona, o prima la cattiva?”. Inizieremo dalla cattiva.
Costi troppo alti per le nuove imprese italiane
Se dalle lungaggini della legge lamentate dal suo principe Amleto la Danimarca ha fatto molta strada, raggiungendo il primo posto tra le nazioni europee e il quinto nella classifica internazionale, lo stesso non si può dire dell’Italia. A rendere difficile l’avvio di un’impresa nel nostro Paese, infatti, sono sia i costi che il numero di pratiche ad esso connessi, ragion per cui l’Italia si trova al quartultimo posto tra i Paesi dell’Unione Europea. Nonché più in basso rispetto alle Isole Tonga e al Botswana. Pur essendo brevi i tempi con cui le pratiche burocratiche vengono sbrigate, le procedure sono più numerose e più costose, coprendo il 14,2% del reddito medio, mentre la media OCSE è del 3,6%.
Se si passa all’argomento tasse, il divario tra Italia e gli altri Stati europei cresce, sia per quanto riguarda il numero di tasse versate all’anno, sia considerando la percentuale con cui i profitti vengono tassati (20,3% in Italia, contro il 16,1% generale). Nell’ambito delle tasse e contributi sul lavoro, tuttavia, la nuova Legge di Stabilità in discussione al Parlamento potrebbe in parte colmare l’abissale differenza tra Italia e resto del mondo (43,4% per l’Italia, 23,1% per i Paesi membri dell’OCSE). Questo potrebbe condurre, dunque, a un miglioramento nelle procedure d’avvio di un’azienda, che è, appunto, lo scopo del rapporto Doing Business.
L’export tra i fattori di miglioramento
Un passo in avanti, però, l’Italia l’ha già compiuto. Rispetto al rapporto dello scorso anno, infatti, il nostro Paese è salito dal 73° al 65° posto. Tale balzo è stato reso possibile dai miglioramenti compiuti in 3 ambiti significativi: registrazione della proprietà, semplificata dall’eliminazione delle certificazioni energetiche; efficacia dei contratti, la cui applicazione è stata facilitata, regolamentando la retribuzione degli avvocati e semplificando alcune procedure giudiziarie, con un avanzamento di ben 37 posti in classifica; commercio estero, che ha permesso di salire di due gradini.
È proprio quest’ultimo settore, l’export, a costituire un fattore di avanzamento particolarmente rilevante, permettendo un notevole risparmio in termini di tasse. Attraverso l’outsourcing, infatti, le aziende accrescono e diversificano il proprio giro d’affari, aprendosi verso mercati diversi da quello italiano. Un modo, dunque, per contribuire alla risalita dell’Italia in classifica.